US OPEN – Flavia Pennetta “E’ un’emozione indescrivibile vincere in uno stadio del genere davanti a tanto pubblico”

Il sorriso di Flavia quando entra nella sala conferenza dopo aver vinto la battaglia di due ore e mezza contro la Kvitova è radioso. E’ l’emblema della felicità: la sua e la nostra. “Dopo aver perso il primo set non pensavo di poter vincere – sottolinea – ho continuato a lottare su ogni punto, non mi sono mai arresa. In campo contava tutto. Il caldo, la tensione pazzesca, quello che volevi fare e quello che non dovevi fare. E’ un’emozione indescrivibile vincere in uno stadio del genere davanti a tanto pubblico”.

Sul match con la Kvitova, giocato nel caldo umido infernale dell’Arthur Ashe Stadium, ci si potrebbe scrivere un romanzo. Non ha senso fare la cronaca, non sarebbe giusto perché non renderebbe merito ad entrambe le giocatrici, che in campo hanno dato tutto quello che avevano dentro. E forse qualcosa in più. Anche Petra, di otto anni più giovane della brindisina, una ragazza deliziosa, lontana anni luce dal divismo dello star system e che le azzurre conoscono bene per averla affrontata tante volte in Fed Cup. Un break dietro l’altro, game giocati ai vantaggi, recuperi prodigiosi da una parte e dall’altra. Una valanga di emozioni: poi quella sequenza di quattro game che hanno steso la ceca. “Contro Petra avevo vinto le prime tre sfide e perso le ultime tre – racconta Flavia – ma quando due giorni fa dicevo che i miei successi non contavano lo pensavo davvero. L’avevo battuta prima che lei poi conquistasse due titoli a Wimbledon, E’ la numero quattro del mondo non per caso”. Lo ha rifatto a New York, il suo torneo, dove vanta due semifinali e quattro quarti nelle ultime sette partecipazioni. “Soprattutto nel terzo set – spiega l’azzurra – sapevo di essere al limite, così come lo era lei. Avevamo entrambe l’acqua alla gola. Ho continuato a fare quello che con il mio coach avevamo stabilito prima della partita. Cercavo di fare molta attenzione al suo servizio mancino da sinistra e di resistere alle sue prime due, tre bordate per poi muoverla”.

da www.federtennis.it (1253)

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