Roland Garros : Barbora Krejcichova regina di Parigi

da www.supertennis.tv

L’emozione che in campo, in qualche modo, è riuscita a tenere a bada, esplode in conferenza stampa. Barbora Krejcikova racconta del suo trionfo ma soprattutto del suo rapporto così stretto con Jana Novotna, mentore e guida.

BARBORA KREJCIKOVA

“Per me questo è un sogno che diventa realtà. Penso di aver gestito bene le mie emozioni. Ne avevo parlato molto con la mental coach, e sapevo che non sarei andata in panico di fronte a questo obiettivo così grande. Avevo già vinto in doppio, adesso il singolare… wow! Non posso crederci, davvero”.

“Non mi aspettavo nulla prima, e non mi aspetto di cambiare adesso. Non cambierò, resterò me stessa anche dopo questo titolo. Si tratta solo di avere ancora più motivazioni, di lavorare ancora più duramente per arrivare di nuovo a un traguardo di questo tipo. Ma io alla fine sarò sempre la solita piccola bimba, venuta dalla mia piccola città, che si allenava giocando contro il muro”.

“Imitare Jana Novotna? Non l’ho mai fatto, volutamente. Ma sapere che qualcuno lo pensa mi scalda il cuore. Abbiamo lavorato tanto insieme, e soprattutto c’era una certa somiglianza nello slice di rovescio, che è un colpo molto importante per il mio gioco. Ci abbiamo lavorato a lungo, su questo, e adesso i risultati si vedono”.

“Cosa mi piace fare fuori dal campo? Tornare a casa dalla mia famiglia, visto che adesso sono anche diventata zia. E poi uscire con gli amici, guardare film, dormire… E poi mi divertirò ad alzare ancora e ancora questo trofeo!”.

“Con la mia psicologa ho parlato spesso durante il torneo, non volevo farmi travolgere dalla pressione nei momenti importanti, perché così importanti in singolare non li avevo mai affrontati. Lei mi ha aiutato a gestire questa pressione, a capire cosa fare quando senti che arriva. Mi ha dato coraggio, e in sostanza mi ha detto solo di essere felice per quello che faccio. E magari provare a prendere un match come un allenamento, con l’idea di volersi migliorare”.

“Ho voluto stare con Jana (Novotna, ndr) fino alla fine, ho voluto stare accanto a lei anche quando si era capito che le cose non stavano evolvendo come avremmo sperato. I miei genitori non erano molto d’accordo, temevano che io ne sarei uscita scossa, ma io volevo a tutti i costi stare con lei, darle il mio supporto, sapendo che lei mi era stata di così grande aiuto all’inizio della mia carriera. Sapevo che passando da questa esperienza, sarei uscita più consapevole, più forte. Sono sicuro che adesso lei mi stia guardando, e che sia orgogliosa di me”.

ANASTASIA PAVLYUCHENKOVA

“Non è mai facile quando perdi in finale, soprattutto in un torneo come questo. Ma sono comunque contenta di queste due settimane. Un paio di settimane prima di Madrid, ero seduta con mio fratello al bar, e lui mi incoraggiava, mi caricava dicendomi che quest’anno potevo fare davvero molto bene. Io gli dicevo che sì, forse aveva ragione, ma non mi sentivo ancora del tutto pronta. Invece ho cominciato a pensare solo partita per partita, senza guardare troppo lontano. E così sono arrivati i risultati, è arrivata persino una finale al Roland Garros! In definitiva so che posso giocare bene a tennis, so che posso lottare, cosa posso volere di più?”

“Il mio infortunio? Non è di oggi, ma arriva dal match con la Sabalenka. Non so nemmeno io come ho fatto a vincerla, quella partita. So che ho dato tutto, anche se mi veniva da piangere per il dolore. Non l’ho mai detto prima, durante il torneo, perché non volevo dare nessun vantaggio alle mie avversarie. Ma è stata dura. Da tempo ho problemi col mio ginocchio sinistro, e per compensare metto alla prova tutto il corpo, fino a quando non incorro in situazioni come questa. Detto tutto ciò, va dato merito alla mia avversaria di aver giocato in maniera molto solida e di aver meritato la vittoria”.

“Da poco tempo ho cominciato seriamente a lavorare sull’aspetto mentale. Prima non ci credevo molto, ma mi sto rendendo conto che sbagliavo. Perché facevo tutto bene, mi allenavo alla grande ma i risultati non arrivavano, non come avrei voluto. Invece adesso riesco ad accettare in maniera più serena quello che accade in campo. Stavolta, per esempio, la mia avversaria ha avuto qualcosa più di me. Che sia qualcosa di fisico, relativo all’allenamento, a una migliore preparazione, qualunque cosa, ma è andata così. E io adesso posso accettarlo senza continuare a pensarci. Voglio credere che questo sia un insegnamento e che il meglio debba ancora venire”. (387)

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