Lo Yin e lo Yang della nuova racchetta di David Ferrer

Sembra essere diventato consuetudine cambiare racchetta verso la fine della propria stagione. È successo a Roger Federer, il quale, dopo un record di slam vinti con un ovale da 90 pollici quadrati, qualche anno fa decise di andare a pesca di palline con un piatto corde più grande. È difficile stabilire se il suo gioco abbia subito delle modifiche in positivo. Possiamo solo valutare in base alle nostre impressioni, empiricamente, perché ancora oggi manca un riscontro chiaro di risultati, i quali, peraltro, potrebbero essere influenzati da altri fattori che sono indipendenti dalle caratteristiche della racchetta. Domandarsi quanto avrebbe potuto vincere Roger Federer se avesse cambiato prima la propria racchetta è una speculazione che può apparire divertente, ma non permette di arrivare a risposte certe.

Non rimane che osservare i fatti. Uno di questi è che lo svizzero sin da juniores ha costruito la propria tecnica di gioco colpendo con uno strumento che è rimasto sostanzialmente invariato per tutto l’arco della sua vincente carriera, se si esclude l’aggiunta di cinque pollici quadrati quando passò dalla pro staff original alla ncode 90. Una piccola modifica, così come può sembrare altrettanto piccolo il successivo passaggio ai 98 pollici: prima cinque, poi otto. Ma se si guarda il passaggio intero, ovvero dalla prima racchetta a quella di oggi, i pollici diventano 13. Se non fosse reperibile una forma intermedia in molti griderebbero al salto evoluzionistico. Non è improbabile che la migliore forma di simbiosi tra il braccio di Roger Federer e la racchetta si raggiungesse proprio con la forma intermedia.

Gli equilibri di gioco di atleti a questi livelli sono estremamente delicati e sensibili anche ai più piccoli cambiamenti. Questo perché il numero di errori per rimanere a certi livelli deve essere assolutamente limitato e la naturalezza nel modo in cui viene portato il colpo si è perfezionata in un tempo talmente lungo che è misurabile in anni e non in pochi mesi.

Anche in altri sport, come lo sci alpino, la modifica della sciancratura, della rigidità dello sci o di una piastra, della morbidezza del gambetto dello scarpone possono far perdere intere stagioni ad atleti che si sono avventurati nel cambio, finendo per perdere tempo prezioso in continui tentativi per cercare di ritrovare la fluidità naturale perduta.

Può darsi che David Ferrer sia solamente stanco e che con i suoi 34 anni d’età i tempi di recupero si siano allungati e non gli permettano più di mantenere i ritmi di gioco di qualche anno fa. Ma se a questo, credo indubbio problema, si aggiunge la necessità di adattarsi in tempi brevi alla maggiore rigidità della sua nuova Babolat ecco che i problemi dello spagnolo potrebbero intrigarsi in una matassa difficile da sciogliere. Lui dichiara di essere “un po’ stanchino” e di aver bisogno di riposo. Di certo queste non sono le migliori basi di partenza per affrontare un cambio di attrezzatura. La differenza più evidente con la Prince che usava fino allo scorso anno è la rigidità: la nuova Babolat ha diversi punti in più di rigidità del telaio. Nei prossimi mesi vedremo se lo spagnolo riuscirà a riorganizzare il proprio tennis nell’arco di questa stagione.

Rimane una questione a cui è problematico dare una risposta: è più la modestia o la presunzione che spinge alcuni giocatori a cambiare attrezzatura sul finire della carriera?

È facile confondere i due aspetti (ammesso di poter escludere il fattore economico dell’ingaggio) perché se da un lato la spinta al cambiamento può essere data dal rendersi conto che il proprio gioco sta perdendo di incisività e quindi un attrezzo maggiormente potente, un piatto che consente di limitare gli errori gratuiti, potrebbe compensare il calo tecnico fisico dovuto al passaggio del tempo; dall’altro lato la sicurezza di poter riadattare il proprio gioco, in pochi mesi e a fine carriera, implica una forse eccessiva considerazione di se stessi e un’ostinazione che può impedire di analizzare correttamente le cause reali dell’ alterazione del proprio gioco. Ogni elemento ha il suo opposto ed entrambi necessitano l’uno dell’altro. Nessuno cambia racchetta se è solo modesto né tantomeno lo farebbe se fosse solo presuntuoso.
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