Il doping e le cure biologiche di Rafael Nadal

rafa 25FTNon passa un anno tennistico senza che qualche insinuazione sullo spagnolo compaia su qualche testata cartacea o on line. Il mantra è sempre lo stesso e riguarda il presunto utilizzo di sostanze che migliorerebbero le prestazioni atletiche. Essendo lo spagnolo soggetto agli stessi controlli di tutti i tennisti il dubbio dovrebbe essere confutato ormai da anni, perciò, ultimamente, si è cercato forse di trovare delle incongruità relative ai trattamenti medici a cui si è sottoposto il tennista maiorchino per recuperare dagli infortuni alle ginocchia e alla schiena. L’annosa questione è di fatto tornata alla ribalta dopo un’intervista rilasciata da Rafa al giornale El Mundo. Subito l’antica arte interpretativa italiana, sempre al limite del surrettizio, si è prodigata nell’interpretare poche scarne frasi dello spagnolo alla luce della legislazione italiana che ha come oggetto principale la proibizione dell’emoautotrasfusione il cui fine è quello di migliorare le prestazioni aerobiche. Tralasciando che la componente aerobica nel tennis è limitata anche se importante, permangono diverse perplessità riguardo all’accostamento che è stato fatto tra i metodi di cura utilizzati da Nadal e le pratiche proibite dalla legge n. 376 del 14.12.2000. In primo luogo la stessa legge permette una deroga in caso di necessità dovuta alla cura di una patologia purché dosaggi e modalità di trattamento delle sostanze siano previsti dal decreto di registrazione europeo o nazionale, naturalmente se il trattamento è da ritenersi in grado alterare le condizioni psicofisiche e biologiche al fine di modificare le condizioni agonistiche degli atleti. Questo quando cure o sostanze sono già conosciute e ritenute dopanti. In caso di cure nuove, sperimentali o al momento non ritenute in grado di alterare le condizioni psicofisiche dell’atleta, condizione che sembra essere quella di Nadal, appare ovvio che la natura “dopante” del ritrovato o del trattamento dovrà essere dimostrata dagli organismi preposti e non può ricadere sull’atleta o sul suo staff medico qualora quest’ultimo ritenga in coscienza che non insorgano problemi di salute. L’onere della prova non può ricadere sull’atleta: prima si dimostrano gli effetti di un trattamento e poi lo si proibisce, non si può proibirlo prima di avere la certezza che alteri positivamente le prestazioni.
Pertanto sarebbe opportuno entrare nello specifico e nel merito medico scientifico della cura utilizzata dallo spagnolo cosa che dalle dichiarazioni generiche di Rafeal Nadal non possibile fare.
Il secondo aspetto riguarda l’allegato III, sezione 5, il quale proibisce sostanzialmente ogni pratica di manipolazione del sangue e dei suoi componenti. Nel dettaglio: “Sono proibiti i seguenti metodi: 1. La somministrazione o reintroduzione nel sistema circolatorio di qualsiasi quantità di sangue autologo, omologo o eterologo o di prodotti contenenti globuli rossi o di qualsiasi origine. È proibito l’uso di pratiche ipobariche/ipossiche.
2. Potenziamento artificiale dell’assorbimento, del trasporto o del rilascio di ossigeno ivi compresi: (…)
3. Qualsiasi forma di manipolazione endovascolare del sangue o di componenti del sangue con mezzi fisici o chimici”.
Questa invece la generica dichiarazione di Nadal: “prendono il plasma, lo centrifugano ed estraggono fattori di crescita che vengono iniettati per favorire la rigenerazione delle cellule. Devono praticare iniezioni nella parte inferiore della schiena per estrarti le cellule staminali dalla cresta iliaca. Poi si devono praticare culture in modo che le cellule si riproducano per cercare di rigenerare i tessuti più velocemente”.
Abbiamo già premesso che le dichiarazioni non sono né mediche né estremamente tecniche ma un’analisi approfondita permette di intravedere alcuni indizi che si discostano dalla proibizione specifica della legislazione italiana. Dalle frasi si può evincere che il sangue non viene reintrodotto modificato nella sua interezza, condizione che è vietata, ma vengono separati ed utilizzati i fattori di crescita per attivare la cultura cellulare dopo il prelievo dalla cresta iliaca. Quello che viene reintrodotto non è il sangue ma la coltura di cellule staminali al fine di accelerare nella zona specifica (non a livello generale dell’organismo), in questo caso la schiena, la ricostruzione dei tessuti danneggiati dalla patologia o dall’infortunio. Come si sa le cellule staminali nelle condizioni proteiche specifiche sono in grado di diventare cellule specifiche. La reintroduzione non è a livello circolatorio, non è del sangue, non è autologa, non è omologa né eterologa perché non si tratterebbe affatto di reintroduzione del sangue tantomeno della sua alterazione chimica o fisica.
Nadal si starebbe curando da solo grazie a culture delle proprie cellule, accelerando i tempi di un processo naturale. Ora si potrebbe anche pensare di inserire tra i trattamenti dopanti le cellule di Nadal o Nadal stesso, ma ho il sospetto che suonerebbe un po’ troppo come norma ad personam ed eccessivamente vicina alle pessime abitudini italiane.
Dalla questione emerge un ulteriore aspetto che si inserisce nel panorama generale della lotta al doping, ovvero la necessità di una omogeneità delle norme internazionali al fine di garantire competizioni eque e tutele univoche a livello mondiale. Nazioni con legislazioni più restrittive potrebbero infatti essere addirittura svantaggiate. Nel caso di Nadal, comunque, ammesso e non concesso che i suoi trattamenti siano da ritenere illeciti (ma non credo lo siano e comunque andrebbe dimostrato) la palla passerebbe agli organismi internazionali preposti.
I’m back, with Rafael Nadal.
Fabrizio Brascugli. (1404)

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