TENNIS E POLITICA : Andy Murray doppio fallo sull’indipendenza scozzese

Enrico Franceschini per “la Repubblica”

Per lunghi mesi è rimasto zitto, dilaniato dai dubbi, certamente consigliato da familiari, allenatori, sponsor: pensa a giocare, lascia stare la politica. Ma alla fine, la mattina del referendum, Andy Murray non ce l’ha più fatta a mettere a tacere la propria coscienza e ha rivelato a chi andavano le sue simpatie: all’indipendenza. Lo ha fatto con un messaggio su Twitter, ritrasmesso da tutti i media nazionali, anzi è diventato il “cinguettio” più ritwittato della giornata, letto da milioni di persone.

E il campione di tennis, adesso che gli indipendentisti hanno perso la battaglia del referendum, proprio sui social media viene processato, attaccato, perfino minacciato. Al punto da avere spinto Scotland Yard ad aprire un’inchiesta, per proteggerlo ed eventualmente punire chi lo minaccia. Murray è scozzese, ma nel tennis, diversamente da altri sport (calcio, rugby, golf), non ci sono squadre nazionali separate per le quattro regioni/ nazioni che compongono la Gran Bretagna.

Questo gli ha permesso di rappresentare il Regno Unito in Coppa Davis e alle Olimpiadi, dove nel 2012, a Londra, ha vinto due medaglie: l’oro nel singolare maschile, l’argento nel doppio misto. E l’anno seguente, sempre sull’erba di Wimbledon, ha fatto il bis, diventando il primo britannico a vincere il torneo in 66 anni.

Non è la prima volta che si ritrova il bersaglio di una campagna di odio: quando un giornale gli chiese, prima dei Mondiali di calcio del 2006 in Germania, chi avrebbe voluto veder vincere, rispose «chiunque, tranne l’Inghilterra ». Ricevette anche allora un’ondata di insulti. Imparò la lezione: nel 2013, dopo il suo sofferto trionfo a Wimbledon, rifiutò di mettersi sulle spalle la bandiera scozzese, che il primo ministro del governo autonomo di Edimburgo, Alex Salmond, presente sugli spalti per sfruttare l’occasione, gli aveva offerto. Non voleva diventare una strumento di propaganda.

Perciò è rimasto zitto fino alla vigilia del referendum scozzese, sebbene altri campioni scozzesi dello sport si siano schierati: come Alex Ferguson, l’ex allenatore del Manchester United, e Chris Hoy, medaglia d’oro di ciclismo su pista alle Olimpiadi di Londra, entrambi contrari all’indipendenza.

Fino alla mattina del 18 settembre, quando a urne già aperte Murray non ha più resistito a nascondersi dietro un prudente silenzio e ha “cinguettato” il suo appoggio alla secessione da Londra. I messaggi contro di lui sono cominciati subito e sono diventati un uragano di contumelie e minacce dopo la vittoria dei “no”. Così tanti e feroci, da indurre la polizia ad aprire un’inchiesta.

L’anti-Murraysmo rischia di rovinargli la carriera tennistica, perlomeno quando impugnerà la racchetta sul campo di Wimbledon: cosa succederà in giugno, al suo ritorno sull’erbetta dell’arena di tennis più famosa del pianeta? Come lo tratterà il pubblico di casa?

E a farne le spese è anche sua madre, Judy Murray, ex giocatrice di tennis lei stessa e principale tifosa- psicologa-allenatrice del figlio: la 55enne signora partecipa alla versione inglese del reality show “Ballando sotto le stelle” e ora i bookmaker scommettono che sarà la prima a essere eliminata, spazzata via da una campagna organizzata di telefonate contro di lei, a causa di suo figlio.

Andy ne ha passate di peggio in vita sua: fu uno dei superstiti della strage di Dunblane, la scuola elementare in Scozia in cui nel ’96 irruppe un pazzo armato di mitra, uccidendo sedici persone fra bambini e insegnanti. Uno shock di cui il campione non parla mai e che ancora lo commuove. Adesso, per essersi azzardato a dichiarare quello che pensa, qualcuno nascosto nel buio del web vorrebbe fargliela pagare.

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