Wimbledon: Anderson in finale, dopo una maratone di oltre 6 ore

fonte www.federtennis.it

Novantasette anni dopo Brian Norton il tennis sudafricano ritrova la finale di Wimbledon (nel 1985 Kevin Curren difendeva i colori degli Stati Uniti). Il merito è di Kevin Anderson, numero 9 Atp e ottavo favorito del seeding, che dopo aver eliminato nei quarti il campione in carica Roger Federer, salvando pure un match point, è uscito con il sorriso da una semifinale maratona contro lo statunitense John Isner, numero 10 del ranking e nona testa di serie, la più lunga nella storia del torneo: 76(6) 67(5) 67(9) 64 26-24 il punteggio di una sfida che entrerà negli annali – bello l’abbraccio fra i due contendenti al termine, entrambi stremati – con le sue 6 ore e 35 minuti in assoluto il secondo match come durata all’All England Club dopo le 11 ore e 5 minuti dello storico 70-68 con cui lo stesso Isner superò Nicolas Mahut al primo turno dell’edizione 2010.

“Anderson vs Isner, a Wimbledon classic – you better believe it”

A Centre Court epic ends with @KAndersonATP going through to the #Wimbledon final, beating John Isner 7-6(6), 6-7(5), 6-7(9), 6-4, 26-24 pic.twitter.com/Fv4ww2cEzK
— Wimbledon (@Wimbledon) 13 luglio 2018

ISNER BATTE IL RECORD DI ACE DI IVANISEVIC – Si dovrà invece consolare con la prima semifinale Slam in carriera e il best ranking – da lunedì sarà in ottava posizione – il 33enne di Greensboro, al quale non sono bastati 53 ace (49 quelli messi a segno dall’avversario) per regalarsi l’ultimo atto nel “Tempio” del tennis, arrivato in due occasioni a due punti dall’agognato traguardo. Long John ha battuto il record di ace fatti (213) da un giocatore ai “The Championship”, superando il primato di Ivanisevic (212), datato 2001, quando il croato trionfò a Londra.

LONG JOHN BREKKATO PER LA PRIMA VOLTA NEL TORNEO – Già dalle prime fasi si è capito che sarebbe stato un incontro equilibrato, fra i due giganti, 208 centimetri lo yankee e 203 il sudafricano. Sono state ad esempio tre le palle break non sfruttate dallo statunitense in un interminabile terzo gioco (durato qualcosa come 13 minuti) nel quale Anderson ha avuto bisogno di 22 punti prima di issarsi sul 2-1. Poi, con la battuta a dettare legge, nel decimo game sotto 5-4 è stato Isner, complice un doppio fallo, a concedere la prima opportunità di break, che era anche set point, cancellata, con epilogo affidato al “gioco decisivo”. Isner – nelle nove precedenti apparizioni a Wimbledon mai andato oltre il terzo turno – è salito 3 a 1 e 4 a 2, tenendo il vantaggio fino al 6 a 5, palla set annullata dall’avversario che ha incamerato la prima frazione per 8 punti a 6 grazie a un errore di diritto dell’americano. Nella seconda partita unica chance di break per Anderson sul 4-4, cancellata dal 33enne di Greensboro, che ha condotto sempre il tie-break (5 a 1 e 6 a 3), pareggiando il conto dei set con l’ace numero 19 (7 punti a 5). Nell’ottavo game del terzo ecco il fatto “clamoroso”: ha perso il primo turno di servizio in questa edizione del torneo Isner, la cui striscia si è interrotta dopo 110 giochi consecutivi (meglio sui prati londinesi aveva fatto Pete Sampras, con 118 game senza cedere la battuta tra il 3° turno del 2000 e il 2° nel 2001). Immediato contro-break dell’americano, che ha potuto così rifugiarsi di nuovo al tie-break. Nel quale è salito lui 6 a 5 e poi 7 a 6 e servizio, ritrovandosi invece sotto 8 a 7, Anderson ha commesso doppio fallo sul set point, poi si è comunque portato 9 a 8, venendo stoppato lì da due botte del rivale sul suo rovescio e da un’accelerazione a cui con il diritto non è riuscito ad opporsi.

PER IL SUDAFRICANO UN’ALTRA RIMONTA VINCENTE – Nel quarto set, sul 2-2 40-15, un improvviso black out è costato il break allo yankee. Eppure, anche stavolta, è stata repentina la reazione di Long John, capace di restituire lo “strappo” subito nel game successivo per il 3-3. Anderson tuttavia ha piazzato un altro break, quello decisivo per portare la contesa al quinto, anche se il 32enne di Johannesburg dal 40-0 si è fatto riprendere, per poi piazzare l’allungo giusto. I due giganti sono tornati intoccabili nei rispettivi turni, con Isner sul 6-5 15-30 arrivato a due punti dal match (situazione poi ripetutasi sul 9-8 40 pari), ma soprattutto in grado con un ace di spazzare via una temibile palla break sul 7 pari. E mentre il duello entrava negli annali tra i record di durata ancor meglio Long John ha fatto sul 17-17, quando sul 15-40 si è cavato d’impaccio da un momento delicato con due ace consecutivi a neutralizzare le opportunità del rivale. Però, dopo essersi salvato più volte da 0-30, Isner ha finito per cedere la battuta nel 49esimo game, quando Anderson è persino caduto, si è rialzato e tirando con mano sinistra ha fatto il punto dello 0-30. Non ha tremato, il sudafricano, e dopo 6 ore e 35 minuti ha potuto alzare le braccia al cielo, ricevendo la standing ovation del Centrale per un testa a testa memorabile, a suon di vincenti (247 complessivi): 118 per il vincitore e 129 per Isner.

I get knocked down, but I get up again. You’re never gonna keep me down…#Wimbledon @KAndersonATP pic.twitter.com/1cY6i2WoUp
— Wimbledon (@Wimbledon) 13 luglio 2018

RISULTATI. Semifinali: (8) Anderson (RSA) b. (9) Isner (USA) 76(6) 67(5) 67(9) 64 26-24; (12) Djokovic (SRB) c. (2) Nadal (ESP) 64 36 76(9) interrotto. (620)

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